Ciò che vedono gli occhi verdi di Oreste
L’associazione Castasegna Viva aveva in programma la proiezione in piazza del film “Tra i nidi delle aquile”. Essendo domenica 27 il tempo instabile si è optato per la sala comunitaria.
Alla presenza di un pubblico eterogeneo per età e interessi, l’autore ha mostrato l’evoluzione ripresa personalmente e all’addiaccio di uno o più uova trovate in vecchi nidi riutilizzati dall’aquila a distanza di anni. Si tratta di alternanza programmata della zona di caccia per nutrire i cuccioli sempre desiderosi di nutrimento. Nel caso in questione all’accoppiamento e al volo nuziale è seguita la cura dell’uovo e della prole unicamente da parte della madre, smentendo le indicazioni degli esperti a riguardo che descrivono un avvicendamento dei genitori per non lasciar mai soli i piccoli.
Oreste Forno, notando un’assenza anche di 5 ore della madre ha temuto la nidiata fosse votata all’insuccesso. Che sorpresa nel vedere invece la cova proseguire, aprirsi dopo 50 giorni e sentire un pigolio. Il film segue quotidianamente tramite foto trappole e riprese con videocamera mimetizzata il periodo che porterà l’aquilotto all’indipendenza, quindi al volo. Quando questo accade, assieme all’entusiasmo, il regista ci fa capire esattamente perché, quando i figli crescono e lasciano casa, si parli per i genitori di sindrome del nido vuoto.
Alla base di questo film, come di quello effettuato anni prima sull’orso c’è la volontà di rispettare la creatura ripresa, di non infastidirla; tantomeno farle sentire una minaccia per lei o i suoi cuccioli.
Poco lontano da qui, nei pressi di Berbenno, vive l’alpinista, che pur avendo passato la maggior parte della sua esistenza su cime inabitate e in compagnia di flora e fauna è ben contento di condividere le sue conoscenze e gli spettacoli che ha il privilegio di ammirare con chi lassù non può o non sa arrivare. Ha un canale YouTube, carico di filmati dedicati alle stagioni e agli abitanti delle montagne; la divulgazione, spiega ha sempre fatto parte di suoi interessi, un urgenza di coinvolgere il maggior numero di persone possibile nell’ascolto di ciò che ha da raccontare, da raccomandare. Il suo non è un tono da patriarca delle vette inaccessibili: è autoironico, un compagnone, un fratello maggiore che ne ha viste delle belle.
Più di 70 anni vissuti intensamente, negli States prima, in Himalaya dopo, come capo cordata nelle spedizioni sugli 8’000, insegnante di scialpinismo, membro del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna, fotografo e guardiano di una diga, Oreste Forno ha cercato sempre di seguire i propri desideri, senza rimandare o accomodarsi, mantenendo così un entusiasmo e una gratitudine per ciò di cui si occupa. Al momento si cimenta nell’osservazione degli animali, cui in precedenza, da alpinista, non aveva dedicato molta attenzione.
Nonostante la provata esperienza, l’allenamento e la tensione verso la scoperta e l’inesplorato, Oreste ha imparato da un incidente che poteva costargli la vita a ponderare bene, a valutare i rischi e le priorità; da padre, si ferma e torna a casa.
Donatella Rivoir