Diciannovesima edizione del festival
Piera Gianotti ed Emanuel Rosenberg hanno appena smontato il tendone del Festival di teatro al Castelmur tenutosi il 25 e il 26 luglio che già la testa va alla preparazione della prossima edizione. Saranno venti anni.
Tirando le fila si osserva sempre un’iniziale tensione e impegno affinché tutto vada liscio e per ottenere una manifestazione che non ambisce a snaturarsi né è tentata di ingigantirsi. Perché l’intero impianto fosse pronto c’è stata l’accoglienza sentita dell’intera valle: la messa a disposizione senza limitazioni del castello e dei locali utilizzati dalla Gioventù Bregaglia da parte del Comune, la collaborazione di volontari per gli aspetti tecnici, per il punto ristoro e per la cassa, verso i quali va la riconoscenza di Piera ed Emanuel.
Di anno in anno gli organizzatori sentono l’approvazione per il loro operato crescere e coinvolgere anche i più giovani, che subentrano ai predecessori, affiancandoli. Quella del Festival di teatro è una festa che si aspetta, luogo di incontri, di meraviglie e serenità, una festa per gli aficionados e per chi una volta affacciatosi non vuole smettere più. Grazie al corso di teatro che precede di una settimana il festival, famiglie che in passato non avevano manifestato interesse per l’evento ora seguono il lavoro finale del figlio iscritto e poi trovano piacere a tornare.
Ogni edizione termina con aggiustamenti di tiro per il futuro, puntando a perfezionare l’emissione di biglietti, il rispetto dei limiti di capienza dei locali, la sistemazione degli artisti in Valle. Ora diverse idee brulicano nelle menti degli ideatori per farsi un regalo nel 2026. Brilleranno lucine in più lungo la silhouette del castello visto dalla strada cantonale? Sarà un’edizione più lunga? Potrebbe essere preceduta da attività per grandi e piccini, protagonisti dell’apertura del festival; tante sono le idee e c’è un anno di tempo per raccogliere i suggerimenti e le suggestioni che i prossimi mesi si presenteranno.
I due attori tendono a mantenere alcune coordinate caratterizzanti il loro festival: la qualità degli spettacoli, artigianali e dal potere suggestivo; la precedenza data alle compagnie non ancora ospitate o con nuove proposte e l’intervento di artisti adattabili ed elastici: chi si esibisce non ha a disposizione nulla del classico palco in teatro, non ha un camerino individuale e deve potersi esibire indifferentemente all’interno come all’esterno, con il vento e in spazi ridotti; spesso trovano queste caratteristiche in artisti di strada che possono vantare professionalità nell’affrontare una casistica maggiore di situazioni.
Anche quest’anno i riflettori si sono spenti e resta la soddisfazione nel vedere entusiasmo, partecipazione e qualche ora di spensieratezza per chi ascolta, vede e magari balla pure.
Donatella Rivoir