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Lotta al bostrico con un cane

15 maggio 2025

MarioAbeti rossi colpiti dal bostrico tipografo. Il coleottero si insedia sotto la corteccia della pianta ferita e deposita le sue uova per poi passare buona parte del suo ciclo vitale come parassita della pianta stessa.



Nei boschi di protezione della Bregaglia, come anche in altre regioni alpine c’è la presenza di molti abeti rossi, questi alberi vivono negli ultimi anni in seguito al mutare delle condizioni climatiche, periodi di stress che provocano un calo della loro vigorosità. Questa debolezza è foriera della proliferazione del bostrico tipografo (Ips typographus), un piccolo coleottero che si insedia sotto la corteccia della pianta ferita, o debole, e deposita le sue uova per poi passare buona parte del suo ciclo vitale come parassita della pianta stessa, di cui ne provoca la morte repentina.

L’individuazione tempestiva delle piante attaccate è di fondamentale importanza per riuscire ad interromperne l’alta proliferazione nei boschi e i danni che ne derivano. Da alcuni anni Mario Lucchinetti forestale del Comune di Bregaglia sta portando avanti, insieme ad un suo collega e ad altre persone, un progetto pilota, che prevede l’impiego di cani da ricerca per scovare la presenza del bostrico nella fase verde dell’attacco, fase in cui non c’è alcun segnale visibile ad occhio nudo per determinare la presenza dell’insetto.

Questo progetto, fino allo scorso anno ha vissuto la sua prima tappa, che ha visto un importante sforzo nell’addestramento dei cani nel riconoscere l’odore emesso dagli insetti nel momento in cui c’è il primo attacco della pianta, odore chiamato in gergo tecnico ferormone, odore che l’insetto emette per comunicare ai suoi simili la presenza di una pianta dove sviluppare la colonia.

Il lavoro di questa prima fase ha mostrato effetti molto positivi, con un successo nella ricerca, quando per il cane la fonte è localizzabile lo segna in modo sicuro, questo vuol dire che il cane individua l’albero in cui si era posto il ferormone in modo artificiale, c’è anche da dire che l’estate scorsa, periodo in cui si sperava di poter procedere alle prime ricerche sul campo, ha visto la presenza di pochissimo bostrico a causa del clima freddo e con frequenti precipitazioni. Un limite che si è notato in questa prima fase, sta sicuramente nel breve arco di tempo in cui il ferormone viene sprigionato, che è all’incirca di una settimana.

Video di Marco Zanetti.

L’esperienza della prima fase ha portato a definire il lavoro da fare nella seconda fase, la quale è partita quest’anno. Come prima cosa il gruppo di conduttori di cani, di cui è parte Mario Lucchinetti, ha fondato un’associazione cantonale che prende il nome di Borkenkäferspürhunde Graubünden. Questo passo ha permesso di poter presentare una richiesta di finanziamento per affrontare le spese non più sostenibili dai singoli proprietari di cani; a sostenere la nuova fase di questo progetto sono stati la Fondazione Pignaverde, il Comune di Bregaglia, l’Ufficio foreste e pericoli naturali del Cantone, il fondo forestale grigionese (proprietari di bosco) e poi dovrebbe arrivare un sostegno dal Comune di Scuol che insieme al Comune di Bregaglia saranno i territori dove il progetto verrà implementato nella fase operativa. Fondi che serviranno anche per cercare di arrivare a prolungare il tempo disponibile di intervento, e questo sarà possibile addestrando i cani anche sull’odore che il bostrico rilascia per dire ai suoi simili che nella pianta non c’è più posto per nuovi ospiti, odore che viene chiamato antiferormone.

Il 2025 vedrà anche una collaborazione con la SLF (Istituto per lo studio della neve e delle valanghe) che sta sviluppando un progetto per l’individuazione di piante malate attraverso l’utilizzo combinato di foto scattate dai droni e intelligenza artificiale, sistema che risulta molto performante e che combinato con l’ausilio dei cani potrebbe portare a risultati ottimi; questa estate sarà possibile testare questa collaborazione in Val Monastero.

Altra attività svolta in questa seconda fase è stata la realizzazione di un incontro con una operatrice svedese che svolge la stessa attività nel suo territorio da oltre dieci anni. Il confronto avuto ha dato delle conferme sul metodo utilizzato dal gruppo locale e evidenziato anche delle differenze di regolamentazione riguardo al bosco nei due stati che incidono anche sulle rispettive aspettative verso il metodo, in Svezia i boschi sono privati e non hanno il ruolo della protezione da eventi naturali come frane e valanghe che hanno in Svizzera. Il lavoro va dunque avanti con l’obiettivo di individuare precocemente il bostrico, per evitare perdite irreversibili di parti di boschi importanti in primo luogo per la protezione di villaggi e infrastrutture del fondovalle e poi per la ricchezza sia paesaggistica che economica delle valli alpine, la soluzione potrebbe arrivare da una virtuosa collaborazione tra uomo, tecnologia avanzata e animale.

Lucchinetti

Renato Tomassini

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