Processi per stregoneria
A Villa Garbald, sabato 29 marzo, Antonia Bertschinger ha presentato i risultati delle sue ricerche. Molta la gente accorsa.
Con la moderazione della Dottoressa Mirella Carbone dell’IKG -Istituto di ricerca per la cultura grigione- e il supporto della Società Storica di Bregaglia e di Jennifer Novick, appassionata genealogista, i destini degli abitanti della Bregaglia del diciassettesimo secolo sono venuti alla luce per formare una trama di ciò che li colpì in un periodo di fortissimi cambiamenti storici e sociali per tutta l’Europa.
Pettegolezzi, difficoltà finanziarie o carestie, discordie amorose o di pessimo vicinato, disprezzo per gente venuta da fuori o accanimento contro le persone più indifese e sole, supportati da testi, come “Malleus Maleficarum”, fornenti indizi inequivocabili di un rapporto con il maligno, hanno portato anche in Bregaglia a processi, decapitazioni e roghi contro diverse persone. La ricercatrice, laureata in filosofia e scienze belliche, già impiegata nell’ambasciata Svizzera a Teheran per i diritti umani è autrice di due pubblicazioni sui processi per stregoneria a Bergün, ha trovato molte testimonianze scritte per la sua ricerca, molto ben conservate, archiviate e facilmente consultabili per la calligrafia latina che garantisce un’ottima leggibilità. Ha spiegato al folto pubblico i vari passaggi dei processi del 1655, spesso facendo loro rizzare i capelli. Colpisce la spettacolarizzazione della tragica vicenda: durante il Rechtstag, un vero e proprio teatro dell’orrore, in circa due ore venivano sintetizzate le varie fasi del processo; accusa, vana difesa, confessione, condanna e giudizio con rottura del bastone da parte del giudice.
Giovanni Andrea Maurizio si sarà ispirato al processo di Anna Coretti, giustiziata per il ritrovamento di un tizzone per incendiare l’ennesimo fienile, avvolto in un pezzetto di stoffa mancante dal suo grembiule, come sarà per Anin ne “La Stria” .
Una delle leggende voleva che Lucifero donasse alle streghe un contenitore o busla, un bastone e un anello che poi si trasformava in paglia. Altri elementi storicamente documentati come prova del patto con Satana sono l’unione di due vitelli in una sola catena e il ballo col demonio il cui suono fa tuc tuc o tron ton, tron ton. È molto triste constatare che né la libertà religiosa né l’aria di novità portata dalla Riforma hanno saputo frenare queste truci usanze presenti in egual misura in valli a maggioranza cattolica e valli a maggioranza riformata. Gli studi di Antonia Bertschinger continueranno e Jennifer Novick promette che condividerà in autunno quanto ha scoperto su questo scuro spaccato di storia in Bregaglia.
Donatella Rivoir