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In fuga

26 novembre 2024

CarboniPresentazione del libro “Grenz- Erfahrungen. Schmuggel und Flüchtlingsbewegungen im Fextal und Bergell 1930-1948″.

Sabato 16 novembre al Centro per corsi e vacanze di Salecina la coppia di studiosi Mirella Carbone e Joachim Jung ha reso partecipi i presenti delle scoperte fatte durante la stesura del libro “Grenz- Erfahrungen. Schmuggel und Flüchtlingsbewegungen im Fextal und Bergell 1930-1948″, realizzato nell’ambito di un progetto di ricerca dell’Istituto di ricerca sulla cultura grigione (icg) e edito dalla casa editrice Hier und Jetz, per il momento solo in tedesco.

Gli autori sono collaboratori scientifici della Nietzsche-Haus e co-direttori della filiale engadinese del suddetto Istituto di ricerca a Sils. L’ex comandante del posto di guardia di frontiera dei Grigioni, Martin Sprecher, ha messo loro a disposizione un gran numero di documenti risalenti agli anni 1935-1958, rinvenuti nel posto di guardia di frontiera della Val Fex, tra i quali si trovano i rapporti mensili delle guardie e i quaderni in cui veniva trascritta tutta la corrispondenza in entrata e in uscita dal posto di frontiera. Per quanto riguarda gli anni della Seconda guerra mondiale questi documenti rivelano il numero esatto di arrivi di profughi e le reazioni delle guardie, che in un quarto dei casi li respinsero. Pur non essendo dimostrabile, si pensa che i documenti di quasi tutti gli altri posti di frontiera svizzeri siano stati eliminati per non dare adito a giudizi sulla condotta elvetica nelle scelte di respingimento operate nel difficile periodo che va dall’ armistizio del settembre 1943 alla Liberazione dell’aprile 1945. È solo dopo la firma di Badoglio che aumentano in maniera sostanziale anche ai confini dei Grigioni meridionali le richieste di accoglienza dei fuggiaschi: si trattava di militari allo sbando dopo lo scioglimento dell’esercito italiano e l’occupazione nazista dell’Italia settentrionale, ebrei, jugoslavi in fuga dagli ustascia croati, rifugiati politici e partigiani.

L’approccio degli autori, senza pretese di completezza statistica della loro indagine, punta alla qualità delle fonti e utilizza le testimonianze orali per rinforzare, vitalizzare e confrontare le testimonianze scritte, soprattutto per le strade battute in Bregaglia e nella Val Fex, meno analizzate rispetto al Ticino e alla Val Poschiavo. Oltre ai posti di frontiera come quello di Castasegna, durante il fascismo strettamente sorvegliati, vengono scelti i tragitti che da Novate Mezzola, tramite la Trubinasca o la Bocchetta della Tegiola, conducono a Bondo o che dalla Val Masino, superata la Val di Mello e la Val Zocca portano a Vicosoprano e viceversa. Caffè, zucchero, sale e tabacco venivano esportati, nascosti nei tronchi incavati o nei telai delle biciclette. Prêt-à-porter e generi alimentari particolari venivano importati. Agli inizi degli Anni Trenta, nel pieno della crisi economica mondiale, Agostino Prevosti, commerciante di Sils originario di Vicosoprano, chiese alla polizia di soprassedere sui contrabbandieri, di lasciarli agire indisturbati, visto che erano per lui e i suoi colleghi una clientela importante. E in effetti il contrabbando in uscita venne tollerato dalle autorità svizzere fino allo scoppio della guerra.

Sono dunque stati salvati dall’oblio i ricordi di chi, all’epoca bambino o ragazzo, come Sonia Maurizio Bandli, Maria Gianotti, Branka Wigdorovits-Frank o Salvatore Giorgio Ottolenghi, ha vissuto in prima persona o come spettatore queste pagine di storia. Nel caso dei tre membri ancora in vita della famiglia ebraico-jugoslava Frank-Sessler, tra i ricordi più intensi è quello della notte trascorsa nella scuola di Castasegna, in attesa di una risposta che determinerà la salvezza o il prolungamento della fuga. Purtroppo, non ci sono testimonianze di profughi della Val Fex poiché il valico non poteva essere praticato da famiglie con bambini e gli uomini adulti non sono più tra noi per raccontare.
I superstiti intervistati hanno espresso la loro gratitudine per la nazione che li ha accolti e per l’interesse degli autori nei loro confronti, in un caso parlare in italiano piuttosto che in tedesco ha determinato il successo dell’interazione.

I ricercatori hanno tentato di prendere in considerazione i punti di vista di tutti i gruppi che hanno interagito con la frontiera in quel periodo storico. La loro ricerca dimostra come, a seconda delle circostanze, uno stesso protagonista sia stato considerato con fiducia o con sospetto, come un eroe o come un nemico: il doganiere, per esempio, malpagato, lontano da casa e con la vita privata in secondo piano, impossibilitato a tenere un cane con sé perché avrebbe avvertito l’arrivo di un controllo da parte dei superiori, costretto a marce in montagna lunghe fino a 20 ore di fila per raggiungere i luoghi meno frequentati, sono spesso in difficoltà per dover eseguire ordini dettati spesso via telegramma da Berna; il contrabbandiere, protetto e accolto a braccia aperte dalla popolazione, temuto però in periodi di malattie del bestiame in Italia perché potenziale veicolo di contagio. La famiglia di profughi, salvata dal respingimento da un soldato, che in motocicletta da Castasegna si precipita a Coira e fa intervenire un influente avvocato suo amico; la popolazione, impietosita, solidale, stupita di fronte a gente che arriva da lontano, addirittura dal Senegal.

Molto c’è ancora da indagare e tanto più preziose risultano le testimonianze sulla fuga che in caso di successo poteva implicare campi di lavoro, internamento, restrizioni e controlli, oltre ad un’assicurazione scritta che si sarebbe fatto tutto il possibile per andarsene il prima possibile.

confini

Donatella Rivoir

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